Dei sepolcri

di linda 13 giugno 2007

“…né piú nel cor mi parlerà lo spirto delle vergini Muse e dell’amore, unico spirto a mia vita raminga, qual fia ristoro a’ dí perduti un sasso che distingua le mie dalle infinite ossa che in terra e in mar semina morte?”

 

Dopo essere stato definito dall’emerito Emilio Fede ‘un vecchio alcolizzato’, e dopo un anno preciso dal suo arresto, Vittorio Emanuele di Savoia torna a far parlare di sé. E lo fa senza mezzi termini. Alla giornalista della Repubblica, che lo ha intervistato, il ‘principe’ ha confidato di avere ricevuto ben 600 lettere da parte di cittadini italiani consci della sua buona fede e del marciume che si annida nella giustizia italiana. Vittorio Emanuele ha voluto precisare che la lettura delle liete missive (“Niente insulti. Dicevano tutti la stessa cosa: siamo con lei. Tenga duro”) è stata fatta durante i difficili giorni degli arresti domiciliari “a Roma in quell’appartamento buio”. Non sarà molto felice di queste dichiarazioni il caro amico del Principe che gli ha messo a disposizione la sua casa – il buio covo, la tenebrosa caverna, il loculo misterioso – in via Ruggero Bacone 3, pieno quartiere Parioli (noto ahimè per il suo animo operaio e per le basse costruzioni industriali), rischiando una svalutazione immobiliare. L’intervista è proseguita con domande incalzanti e, a volte, anche taglienti. Alla domanda sui rapporti con la moglie, la giornalista ha citato una frase in cui il principe, parlando di prostitute, avrebbe dichiarato “sono cacciatore e ogni tanto mi piace sparare”. Per niente spaventato da questa citazione, l’erede della gloriosa casata dei Savoia, ha declamato le doti della moglie, sensibile a tal punto da capire che quelle dichiarazioni non erano vere, erano solo “scempiaggini al telefono”. In fondo, “gli amici, i maschi, sono tutti goliardi”. E si divertono a farsi passare per chi non disdegna le ‘belle di notte’. Un fregio veramente immancabile, da apporre assolutamente vicino allo stemma dell’ordine cavalleresco di San Maurizio e Lazzaro, sul bavero della giacca. Ma il culmine dell’intervista non può che essere considerata la richiesta di un gesto che proclami l’immortalità del ‘sommo principe’. Il ‘Foscolo de noatri’ rivendica il diritto di avere una via a lui intitolata in quel di Potenza, dal momento che “era una città che non conosceva nessuno. L’ho lanciata io”, rassicurando le casse comunali con un “La targa la pago io”, precisazione pressoché indispensabile. E quando la cara principessa Marina Doria percorrerà la via che porta alla prigione di Potenza non potrà non pensare a quanto siano goliardici e furbacchioni questi maschietti.

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